Industria 4.0

Le nuove professioni nella quarta rivoluzione industriale

Industria 4.0Viviamo in una società mutevole e in continua evoluzione. Cambia la vita di tutti noi. Siamo alla quarta rivoluzione industriale, alla cosiddetta industria 4.0.

L’industria 4.0 o Quarta Rivoluzione industriale risponde a un’esigenza di crescita e innovazione delle realtà industriali: far gestire in tempo reale a macchine intelligenti domanda, offerta e prezzi al dettaglio.

 La cronologia delle Rivoluzioni Industriali

Fino ad oggi le rivoluzioni industriali del mondo occidentale sono state tre:

  1. la prima rivoluzione Industriale è stata quella che nella seconda metà del ‘700 ha permesso di meccanizzare la produzione nel settore tessile e metallurgico grazie alla nascita della macchina a vapore.
  2. la seconda rivoluzione industriale è stata invece fatta convenzionalmente partire dal 1870 con l’introduzione dell’elettricità, dei prodotti chimici, con l’avvento del motore a scoppio e il conseguente aumento dell’utilizzo del petrolio come nuova fonte energetica.
  3. La terza rivoluzione industriale infine ha preso piede nel 1970 con la nascita dell’informatica, passaggio dal quale è poi scaturita l’era digitale destinata ad incrementare i livelli di automazione industriale avvalendosi di sistemi elettronici e dell’IT (Information Technology). Con l’espressione Terza Rivoluzione Industriale si fa inoltre riferimento anche a tutta quella serie di processi di trasformazione della struttura produttiva e, più in generale, del tessuto socio-economico, avvenuti a partire dalla seconda metà del Novecento nei Paesi più industrializzati, nei quali è stata forte la spinta all’innovazione tecnologica, strettamente legata alla nascita dei computer, dei robot, della prima navicella spaziale e dei satelliti.
    Industria 4.0: quali effetti sul mercato del lavoro?

    La quarta rivoluzione industriale avrà tuttavia effetti sul mercato del lavoro che gli osservatori stanno ancora cercando di definire. Saranno necessarie nuove professionalità mentre altre sono destinate a scomparire.

     

    Secondo Alessandro Perego, Direttore Scientifico degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, cambieranno le competenze e abilità ricercate: “nel 2020 il problem solving rimarrà la soft skill più ricercata, ma diventeranno più importanti il pensiero critico e la creatività. Proprio perché lo scenario è in rapida evoluzione, dobbiamo attrezzarci per cogliere i benefici dello Smart Manufacturing, l’innovazione digitale nei processi dell’industria”.

    In un recente studio, il McKinsey Global Institute ha analizzato gli effetti dell’automazione sul lavoro per 46 paesi e per lavori che coprono l’80 per cento della forza lavoro globale. La ricerca si è servita di una rigorosa metodologia di stima del potenziale di automazione dei lavori sulla base delle tecnologie già oggi conosciute (dunque senza fare congetture difficili da giustificare sui futuri trend tecnologici). I risultati ottenuti derivano da una accurata classificazione dei lavori in attività elementari (in tutto duemila) e competenze, di cui sotto viene riportato un esempio relativo a un lavoro particolare, quello del venditore al dettaglio.

    Un primo risultato dello studio McKinsey è che la frazione dei lavori interamente automatizzabili sarebbe solo una piccola parte del totale: meno del 5 per cento.

    Lo studio però contiene anche un secondo risultato, molto meno rassicurante: secondo i calcoli della società di consulenza, il 60 per cento delle occupazioni è costituito da attività che sarebbero almeno parzialmente automatizzabili (per il 30 per cento o più). Nello specifico, sarà più facile affidare a una macchina attività ripetitive e operative che avvengono in contesti caratterizzati da limitata incertezza. Esempi? I servizi di accoglienza, la raccolta di prodotti agricoli, le attività manifatturiere in generale, ma anche le attività di back-office nel commercio al dettaglio e all’ingrosso. Attenzione, stiamo parlando di Intelligenza artificiale debole, quindi non paragonabile all’intelligenza umana.

     

    Secondo la  definizione di Searle, nell’Intelligenza Artificiale forte, la macchina non è soltanto uno strumento. Se programmata in maniera opportuna, diventa essa stessa una mente, con una capacità cognitiva non distinguibile da quella umana.

Per quanto riguarda i mestieri, in Italia secondo lo studio WEF il fabbisogno occupazionale delle imprese si orienterà verso alcuni ruoli emergenti, come, nell’ordine:

  1. specialisti di intelligenza artificiale;
  2. specialisti di Internet of things;
  3. data analyst e data scientist;
  4. specialisti della trasformazione digitale (come cloud architect);
  5. operai di fabbrica e assemblaggio;
  6. project manager;
  7. specialisti di automazione dei processi;
  8. manager operations e generali;
  9. specialisti di big data;
  10. ingegneri delle applicazioni.

Tra le competenze più richieste, ci sono skills emergenti come:

  1. creatività, originalità e spirito d’iniziativa;
  2. pensiero analitico e innovazione;
  3. pensiero critico e analisi;
  4. apprendimento attivo e strategie di apprendimento;
  5. resilienza, tolleranza allo stress e flessibilità;
  6. intelligenza emozionale;
  7. leadership;
  8. problem solving;
  9. uso, monitoraggio e controllo della tecnologia;
  10. orientamento al servizio;
  11. design e programmazione di tecnologia;
  12. ragionamento, problem solving e ideazione;
  13. persuasione e negoziazione;
  14. controllo qualità e sicurezza;
  15. coordinazione e gestione del tempo

Per non diventare degli emarginati è fondamentale formarsi. Per questo inizieremo un percorso di formazione che abbraccerà varie competenze.
A breve sarà disponibile un corso sul motore grafico Unreal Engine.

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